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Cos’è un dialogo di una storia?

dialogo di una storia

Un dialogo, come recita una massima tra gli addetti ai lavori, non è una conversazione. Una conversazione è, nella migliore delle ipotesi, uno scambio di idee. Il significato di dialogo nell’accezione di uno sviluppo narrativo ha la stessa funzione di quelli che sono “l’evento” e “la scelta”. E’ un momento di ricerca e, infine, di presa di coscienza. Serve per stabilire un nuovo equilibrio nel personaggio ma anche a far fare un passo avanti alla storia in sé. Con un dialogo (quindi parliamo sempre di due interlocutori) si risolve un conflitto (interiore o esteriore). Ma come va costruito questo dialogo? Il dialogo, come tanti elementi del racconto, è conflitto.

Perfino un dialogo tra amanti va visto come conflitto. Può essere di estrema complicità, ma sempre di conflitto si parla. In pratica: non è un domanda&risposta e non è una lista della spesa, dove un personaggio illustra il proprio punto di vista e fine della storia. Perché va considerato come conflitto? Perché la presa di coscienza passa sempre e solo attraverso un conflitto. Non può esserci presa di coscienza senza conflitto superato. Ma conflitto cosa? Conflitto con sé stessi per un buco di conoscenza che il personaggio sente di dover colmare, conflitto per un trauma non superato. Qui quindi entra il dialogo. Il personaggio, attraverso il dialogo con il proprio alleato o con l’antagonista, colma questi vuoti. Li colma con uno scontro tra idee, delle quali una sola sopravviverà senza incertezze, inevitabilmente.

Se il tema è la leggerezza, leggerezza legata all’amore, il dialogo dovrà partire da una serie di considerazioni che di battuta in battuta si alimenteranno grazie al dialogo, grazie all’altro interlocutore che tenterà di mettere in dubbio le tesi esposte dal personaggio, dubbi che piano piano verranno annullati. L’interlocutore non potrà limitarsi a dire cose tipo “Cosa vuoi dire Sara, finisci!” oppure “Invece cosa?”. Non potrà neanche dire “Non credi più nell’amore?” perché una domanda del genere è piatta, non dice nulla, in definitiva, del personaggio che la pronuncia. Inoltre, in un contesto più generale, non porta avanti minimamente la storia, perché fin dalla partenza si sarebbe dovuto dare per scontato che “non crede più nell’amore” ed è proprio per questo che il dialogo prende vita, perché non crede più nell’amore e vuole capirci qualcosa. Probabilmente non doveva nascere come domanda dell’interlocutore ma proprio come affermazione del personaggio. Non l’interlocutore che chiede “non credi più nell’amore?” piuttosto il personaggio che afferma la domanda in forma di risposta “ho avuto tante storie, l’amore nasceva già morto”. Economizzare, anche questo è essenziale, economizzare le parole. Se riesci a sintetizzare due passaggi di frasi in un solo passaggio, significa che stavi sprecando parole e facendo perdere tempo al lettore. 

Quando scriviamo un dialogo dobbiamo sempre chiederci: il nostro personaggio sta (attraverso il dialogo) inseguendo il proprio obiettivo? Sta cercando di ottenerlo? A qualunque costo? La necessità di sapere quella data informazione deve sempre essere vista come necessità di sopravvivenza. Senza quella informazione, il personaggio si sentirà morire, perché se non è così, il lettore perderà interesse, ma il personaggio stesso si rifiuterà di esporsi nelle pagine, si vergognerà di doversi porre in modo piatto e scatterà la sindrome della pagina bianca. Se volete invitare un amico in casa, non potete presentargli la cena dicendogli che mangerà alimenti scongelati e tavernello in brick. Lui si rifiuterà di venire. Prospettategli una cena sopraffina, fresca e con bevande all’altezza. Vedrete che la pagina si riempirà di personaggi che vorranno venire a cena a casa vostra. 
Una domanda che dobbiamo farci  ogni volta che scriviamo una battuta: sta dicendo qualcosa il cui unico scopo è raggiungere il proprio obiettivo, la propria necessità? In caso affermativo, allora, il dialogo è sui binari giusti. 
Il dialogo è il personaggio. Il dialogo è una prosecuzione del carattere, delle necessità del personaggio. Con il dialogo ne  tratteggiamo la personalità. 

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